Guida per principianti all'estetica dei film di Sofia Coppola
Vista l'uscita dell'ultimo film della regista americana ho pensato di rivedere i suoi film più iconici e raccogliere alcune delle feature principali della sua estetica in questo articolo
Premessa. Amo i film di Sofia Coppola e credo che abbia subito - ingiustamente - soprattutto all’inizio della sua carriera, tanti immotivati pregiudizi per il fatto di essere la figlia di un mostro sacro del cinema come Francis Ford Coppola.
È vero, è un po’ il rovescio della medaglia: da un lato sicuramente ha avuto il vantaggio di poter contare sul supporto concreto - a livello produttivo - delle pellicole, e di avere l’attenzione dei media sin da subito, ma per quanto si possa essere “raccomandati”, a decretare il successo dei film di una regista sono le persone che comprano il biglietto. Per fortuna.
Da cosa nasce l’estetica di Sofia Coppola
Sofia negli anni è riuscita a costruire un suo mondo visivo ma anche percettivo, una sua estetica, una sua capacità di raccontare con immagini e musica in modo unico.
Sebbene ogni film sembri diametralmente opposto al precedente, con uno sguardo più attento si legge tra le righe molto della sua vita, della sua esperienza come “figlia di”, di tutto ciò che l’ha ispirata e l’ha resa la donna che è oggi.
La musica ha un ruolo molto importante nei suoi lavori, si è sposata in seconde nozze in Italia con Thomas Mars dei Phoenix, conosciuto sul set de Il giardino delle vergini suicide di cui ha curato parte della colonna sonora.
Il suo modo di raccontare storie su pellicola, l’ha resa celebre come una delle registe più apprezzate del panorama mondiale.
Lost in translation: il film icona che racconta i Millennials
Lost in translation è uno dei film a cui sono più legata. Parto da questo anche se, in realtà, il suo primo film è stato Il giardino delle vergini suicide.
Con Lost in tranlslation però arriva il successo vero. Forse il film più rappresentativo ancora oggi di tutto l’universo sensoriale e creativo Coppola.
Al suo interno c’è molto della storia autobiografica della regista, ma anche tanto di quelli che poi diventeranno i suoi stilemi.
Senza contare che è il film che è stato prodotto con budget super ridotto e è - ad oggi - quello che ha incassato di più tra tutti i film della regista (nonostante abbia compiuto 23 anni).
Nell’esecuzione è stato un film molto “indie”. La Coppola voleva fortemente Bill Murray che a quanto pare non è un personaggio semplicissimo sia da convincere che da gestire, piuttosto anticonformista.
Fa strano pensare che solo dopo che tutta la troupe si era già spostata dagli Stati Uniti al Giappone per girare, hanno scoperto se Bill Murray sarebbe arrivato davvero.
Questi e molti altri aneddoti interessanti sono presenti in numerosi documentari che trovate su YouTube e che vi condivido in questo articolo.
Trovo sempre molto bello guardare interviste dei protagonisti e sentire i loro racconti, per comprendere meglio certe scelte e cogliere significati che magari mi erano sfuggiti.
Lost in translation: un film sul diventare adulti
Quando è stato girato Lost in translation, Sofia aveva 31 anni, Scarlett 17 e Bill 50.
Due americani di età diversa che si incontrano a Tokyo e apparentemente hanno in comune solo il fatto di poter parlare la stessa lingua, in una città culturalmente molto distante da loro.
In realtà, quello che si scambiano i due protagonisti è molto di più.
Entrambi stanno vivendo un periodo di crisi, una all’inizio della sua vita, l’altro della mezza età. Si sentono persi e soli a Tokyo, ma anche nelle loro vite.
Il Park Hyatt di Tokyo diventa il loro mondo a parte in cui proteggersi e convivere con la propria solitudine.
Se non si fossero incontrati in quel contesto, forse, non avrebbero mai condiviso la loro vulnerabilità.
Si tratta di fare delle scelte e guardarsi dentro. Di diventare adulti, che in questo caso significa anche come decidere di comportarsi quando nessuno ti vede, lo ha sottolineato proprio la Coppola in un’intervista.
Costruiscono un’intimità senza contatto fisico, ma condividendo le loro vulnerabilità essendo se stessi, creando core memories.
Il loro incontro ha avuto un impatto sulle loro vite, non saranno più quelli di prima anche se non saranno insieme. (Sofia)
Tokyo è la terza protagonista della storia. Mette ancora di più in evidenza la solitudine, soprattutto quando Sofia li ritrae tra la folla, in mezzo i colori e le luci, tra una moltitudine di persone.
The more you know who you are and what you want the less you let things upset you
Il film racconta la claustrofobia, la solitudine, l’insonnia. Racconta una generazione, quella dei millennials, bloccati nella propria vita.
Il film dicevamo è molto autobiografico, perché come racconterà la stessa Coppola in diverse interviste, quella descritta è l’esperienza diretta che la regista ha vissuto a Tokyo appena ventenne.
Costato appena 4 milioni di dollari, bruscolini per una produzione cinematografica, ne ha incassati 119.
Marie Antoinette il film più conosciuto di Sofia Coppola
Come dicevamo, i film di Sofia Coppola hanno una sorta di fil rouge di volta in volta narrato con storie totalmente diverse, come nel caso del film divenuto un cult della sua estetica: Marie Antoinette.
Anche in questo caso tratteggia un certo tipo di privilegio e spesso la sensazione di sentirsi in una gabbia sociale per i canoni e le regole imposte.
Il film sulla controversa regina di Francia Maria Antonietta è stato disruptive, perché ha raccontato un personaggio storico in modo pop.
Iconica la scena dello shopping che sembra essere stata un omaggio al film Pretty woman e in cui si intravedono un paio di Converse, che di certo non esistevano ai tempi della regina ma che sottolineano l’idea della Coppola di rendere Marie Antoinette una ragazza dei nostri giorni, con le stesse paure, insicurezze, problemi tipici di chi ha quell’età (certo con una situazione patrimoniale diversa ma a maggior ragione, nonostante la ricchezza, non cambia).
Tutti questi aspetti anacronistici, assieme alla colonna sonora, lo hanno reso uno dei capisaldi dell’estetica di Sofia Coppola. Il film ha fatturato 69 milioni di euro.
Gli altri film di Sofia Coppola: Somewhere, Il giardino delle vergini suicide e Bling ring
Somewhere è secondo me uno dei film più difficili di Sofia Coppola perché non c’è nulla di “speciale” a fare da sfondo alla storia raccontata e i dialoghi sono talmente pochi che può risultare di una lentezza estrema.
Eppure, è quello a cui sono più affezionata. Anche in questo caso c’è molto di autobiografico in quanto Sofia ha raccontato il rapporto con suo padre e la sua infanzia trascorsa ad Hollywood con un padre spesso “assente” non solo a lei, ma anche a se stesso.
Il giardino delle vergini suicide è sicuramente un altro film cult della Coppola da vedere se ci si vuole introdurre alla sua cinematografia, assieme a Bling ring, ma su cui non mi dilungo e lascio a voi la scoperta.
I tratti caratteristici dei film di Sofia Coppola
Ci sono alcuni elementi che - come dicevamo - ritornano sempre nei film di Sofia Coppola e sono:
L’ isolamento emotivo e geografico
Il distacco da se stessi, dal contesto, dalla propria vita
L’indecisione: il sentirsi bloccati in una situazione
Il self discovery: la presa di consapevolezza di se stessi
Da dove prende ispirazione Sofia Coppola per i suoi film
Sofia ha raccontato in diverse interviste di creare per ogni suo film una vision board attingendo a scatti di fotografi celebri che poi riproduce nel suo film come omaggio.
Iconica ad esempio la scena in cui Bill Murray in Lost in translation dove è seduto sul letto della camera dell’hotel - intitolata “Dad on Bed” - è ripresa dalla serie di scatti “Pictures from Home” di Larry Sultan
O l’ancor più celebre locandina con le mutandine rosa della protagonista di Lost in Translation, ispirata dal dipinto di John Kacere.
L’uso dei colori è fondamentale nei film di Sofia, vediamo come spesso racconti i suoi personaggi in tonalità pastello, o in una rarefatta palette di beige quando sono nella loro bolla.
E di come i colori possano diventare vividi e al neon quando raccontano la notte, la vita che scorre veloce e che sembra escludere i suoi personaggi, come nel caso di Lost in translation o in Bling Ring.
La scelta di inquadrare i suoi protagonisti da molto lontano in contesti e ambienti vasti, sottolinea la solitudine degli stessi, nonostante ambientazioni che sembrano urlare opulenza e benessere materiale, aggregazione, folla.
Mentre tende a fare primi piani stretti quando vuole sottolineare l’introspezione, la vulnerabilità e anche il mal di vivere che provano i suoi personaggi.
Se volete conoscere il mondo di Sofia Coppola vi consiglio di iniziare da questi film.
Non è un genere che piace a tutti, ma se non li vedete non potrete saperlo e poi spero che ora avrete qualche indicazione in più per comprenderne al meglio il loro significato.
Buona visione